Appennino Tosco-Emiliano: splendido itinerario nell’alta Val Dolo
Se volete passare una giornata a contatto con la natura, compiendo un tragitto semplice e rigenerante all’interno del parco nazionale dell’ Appennino Tosco-Emiliano, il sentiero che fa per voi è il CAI 605 nell’alta Val Dolo.
Raggiungeremo, camminando nei boschi tra alberi stupendi, accompagnati dal gorgoglio del torrente Dolo, i due storici rifugi San Leonardo e Segheria, salendo fino a 1400 mt.
Io che sin da bambina ho sempre preferito il mare alla montagna, da qualche anno comincio sempre più a sentire un ritorno alle mie origini montanare.
Sentiero CAI 605 nell’alta Val Dolo
Questo sentiero è di semplice percorrenza, all’incirca 2 ore, adatto anche per famiglie con bambini e animali.
Arrivati alla località Case di Civago, dopo aver superato il grazioso paesino di Villa Minozzo, cerchiamo parcheggio lungo il tratto di 200 mt di strada non asfaltata, vicino al punto di partenza del sentiero.
Il tempo di percorrenza necessario per arrivare al rifugio San Leonardo è di circa 30 minuti; consiglio di munirsi di bacchette, scarponcini da trekking, giacca a vento o poncho in caso di pioggia.
Il primo tratto di salita dal punto di partenza è il più insidioso: bisogna prestare attenzione a non inciampare nei grossi sassi di arenaria disseminati in questo punto del sentiero; le bacchette sono un buon alleato per mantenere l’equilibrio e darsi una spinta.
Poi il sentiero diventa più tranquillo e giungiamo ad un bivio con il CAI 631, proseguiamo dritto, rimanendo sul 605 direzione San Leonardo. Dopo circa 150 mt. un altro bivio ci segnala di prendere la variante 605A che indica appunto il rifugio, posto a 1240 mt.
San Leonardo: “storia del rifugio” nell’alta Val Dolo
In un documento del 1181, il rifugio risultava funzionante, a servizio dei pellegrini che si muovevano verso Roma.
Cessati i pellegrinaggi nel 1445 e con l’insediamento degli Estensi, L’ospitale risultava già degradato e in rovina.
Nel 1849 il prete di Civago Don Rossi si fece donare, dall’ultimo duca Francesco V, in visita nel paese, casa e terreni circostanti, in memoria della storia di pellegrinaggi millenaria dell’ospitale (da cui il nome Cà de Pret).
Il rifugio e i suoi terreni furono abbandonati dopo circa 100 anni di gestione parrocchiale, per opera dei suoi mezzadri che coltivavano e gestivano il luogo e i campi.
Intorno al 1960, centenario della cacciata degli Estensi, nacque a fianco del rifugio una cappella dedicata a San Leonardo, nella quale venne anche celebrato un matrimonio.
Il rifugio tornò ben presto alla vita, con il nome di “rifugio San Leonardo”, accogliendo turisti ed escursionisti.
Appena giunti notiamo subito l’ampio prato circostante, la zona ristoro ed una scaletta che porta ad un secondo spiazzo d’erba in riva al torrente Dolo.
E’ veramente una location deliziosa ed accogliente, una sosta consigliatissima per un pranzetto oppure per riprendere fiato e bersi un caffè, un drink o consumare uno spuntino.
Dispone di una piccola cucina e di 12 posti letto con materasso e coperte, 2 bagni e una doccia, più lavatoio; il ristorante funziona nei periodi estivi ma la struttura può anche essere concessa in autogestione tramite prenotazione, se si vuole fare tutto da soli.
E’ anche possibile campeggiare, previa autorizzazione dei gestori.
Per Info: http://www.rifugiosanleonardo.it/index.php
Verso il rifugio Segheria dell’Appennino Tosco Emiliano.
Dal San Leonardo scendiamo al vicino Dolo, attraverso una passerella allestita dai gestori del rifugio, successivamente lasciamo a sinistra il sentiero per le Forbici e imbocchiamo la destra che segue il corso del Dolo.
Percorriamo il saliscendi dolce delle rive del torrente, passando tra i grandi esemplari di abete bianco del bosco.
Arriviamo in un punto dove sulla dx troviamo una passerella di legno che non attraversiamo, rimanendo sulla parte sinistra, punto dove il 605A si ricongiunge con il 605 che imbocchiamo.
Saliamo circondati da abeti centenari, in questo luogo incantato, circondato dal silenzio, in cui riesci a sentire la tua voce intima (se ascolti bene).
Intorno a te ci sono solo gli elementi essenziali: alberi, roccia, torrente, animali e sole! Elementi che tranquillizzano, ricaricano d’energia, come il colore verde degli alberi che sembra che tocchino il cielo, il gorgoglio dell’acqua del Dolo che rasserena e accompagna, il silenzio che infonde pace.
Raggiungiamo un bivio che a sinistra conduce in un tempo breve alla Segheria; decidiamo però di imboccare il sentiero 605D con arrivo previsto in una quarantina di minuti.
E’ importante sottolineare che tutti i sentieri CAI del parco sono ben segnalati, tramite strisce bianco rosse e numero, solitamente dipinte sugli alberi di riferimento, che fanno sì che gli escursionisti, seguendoli, non si perdano.
Salendo incontriamo sempre più abeti bianchi e rossi, che ci preannunciano l’arrivo all’Abetina Reale in prossimità della Segheria posta a 1400 mt di altezza.
L’Abetina Reale oltre ad essere un’eccellenza dal punto di vista naturalistico, costituisce anche un crocevia di tre Provincie: Lucca, Modena e Reggio Emilia.
Arrivati ci meritiamo proprio una bella birra fresca, da consumare sui tavolini di legno posti a lato del rifugio affacciati sull’Abetina, o nel bel prato vicino.
Alla Segheria è possibile, in qualsiasi giorno della settimana fino a Settembre, pranzare o cenare.
Il menù riserva primi o secondi piatti tipici, a base di polenta e cacciagione, innaffiati da un buon lambrusco o vino toscano, o anche semplicemente un panino imbottito.
Storia della Segheria dell’Appennino Tosco Emiliano
I duchi d’Este possedettero per 4 secoli sia la Segheria che l’Abetina Reale, le cui origini risalgono al tardo Medioevo.
Nel 1700 circa fu impiantata la nuova segheria (il precedente edificio era posto più a valle).
L’aspetto attuale del rifugio, con tanto di cappella per funzioni, oramai utilizzata come autorimessa per la paglia e altri utensili, posta frontalmente alla Segheria, risale al XX secolo.
Successivamente ai Savoia la Segheria fu ereditata e gestita da varie società e privati, che la fecero comunque sempre funzionare.
Durante il periodo estense il legname veniva esportato per fluitazione lungo il Dolo poi, successivamente, il trasporto avveniva tramite una carrozzabile diretta al Passo delle Forbici che scendendo a Casone Profecchia, si immetteva nella strada Statale delle Radici.
Dopo 10 anni dall’abbandono nel 1975, la Regione Emilia Romagna acquistò la tenuta. I fabbricati, in parte ristrutturati, furono adibiti a strutture ricettive, a supporto del turismo che risalendo la Valle del Dolo, si dirige verso il terzo e importante rifugio dedicato a Cesare Battisti.
La Segheria può ospitare fino a 14 persone, ma verso l’uscita del rifugio sulla sinistra è presente un Ostello inaugurato nel 2011: “la casa del custode”, con i suoi 40 posti letto, e attrezzato anche di un locale che puo’ ospitare fino a 8 cavalli.
Contatti: Sara Perazzoli 340 6630799
Decidiamo di prendere la via del ritorno e imbocchiamo nuovamente il sentiero 605 che faremo al contrario; uscendo passiamo sotto alla caratteristica porta fatta con i tronchi di albero.
Tornati al punto di partenza scopriamo che su di un enorme masso posto in prossimità della sbarra di partenza vi è la presenza di un logo che indica “la via Matildica del volto Santo” (sentiero di Matilde di Canossa) costituito da 8 tappe delle quali il parco dell’Appennino Tosco-Emiliano fa parte.
le cascate del Golfarone
Se dopo tanta natura, ci vogliamo concedere un ulteriore momento di refrigerio, scendendo verso Villa Minozzo da Civago, è consigliatissimo fermarsi, oppure passare l’intera giornata, alle suggestive e ormai rinomate “Cascate del Golfarone”.
Parcheggiate sulla dx a bordo strada, 200 mt circa, dopo il ponte che incontreremo venendo da Civago, scendete lungo il ripido sentiero in mezzo al boschetto, che porta alle rive del torrente.
Appena arrivati in fondo consiglio di attraversare appena si può e di portarsi sul lato sx del torrente per poi procedere verso le Cascate.
Arrivati lo spettacolo è veramente unico, se è possibile e non c’è molta gente assicuratevi un posto su uno dei massi frontali alla cascata, per godervi lo spettacolo dell’acqua che scrosciando si getta nella piscina sottostante abbastanza grande e profonda da poterci nuotare.
La temperatura dell’acqua è freddina, se arrivate di mattina presto, come vi consiglio, attendete qualche ora prima di fare il bagno. È vietato tuffarsi dall’estremità superiore della Cascata: in passato si sono verificati spiacevoli incidenti e il Comune di Villa ha posto il divieto visibile all’entrata del sentiero.
La nota a favore di questo luogo ormai frequentatissimo, rimane quella che non c’è segnaletica ad indicare dove si trova, le uniche info reperibili sono in Internet o tramite passaparola.
Questa e altre avventure ci aspettano immersi nella Natura, se vi è piaciuto l’articolo o avete qualche consiglio o suggerimento sulle zone trattate scrivetemi, lo leggerò volentieri.
Potrebbe anche interessarti il mio articolo che tratta dell’ Orto Botanico Esperia dell’ Appennino Modenese
3 commenti
Bruno
Brava Giovanna, ottimo consiglio per scappare dalla calura estiva!
A questo proposito per chi vuole aprofittare di un bagno rinfrescante in acque limpide consiglio di percorrere a piedi il corso alto del fiume Secchia compreso tre Castelnuovo Monti e Collagna: pozze di acqua blu e tranquillitá assoluta, certo bisogna camminare un pó nel letto del fiume per scovare gli angoli piú nascosti e suggestivi.
Buona rinfrescata!
Giovanna
Grazie Bruno dell’ottimo suggerimento, proveremo sicuramente se la stagione regge!
Pingback: