Musei del cibo: un Culatello a Corte
Tra i Musei del Cibo della provincia parmense, quello che certamente merita di essere visitato è il Museo del Culatello e del Masalèn, presso l’Antica Corte Pallavicina, prodotto dai fratelli Spigaroli.
Mi sono imbattuta in questa visita guidata nel Polesine Parmense, proprio a ridosso del fiume Po da me tanto amato, ignara di quello che effettivamente io e le mie papille gustative avremmo vissuto.
Un’esperienza veramente unica organizzata da Terre-Emerse e guidata da Antonio Rinaldi che ci ha condotto nelle cantine storiche di corte, alla scoperta della stagionatura del culatello.
Successivamente alla pedalata in compagnia, lungo gli ampi argini del Grande fiume Po, in una giornata nuvolosa che, ahimè, non ci ha permesso di andare a visitare il Parco di Isola di Giarola e del Lancone com’era in programma.
Ci siamo ampiamente consolati al nostro rientro con una degustazione favolosa all’Hosteria del Maiale, uno dei due stupendi ristoranti all’interno dell’Antica Corte Pallavicina.
Nel circuito dei Musei in Provincia di Parma potrebbe anche interessarvi il Museo di Ettore Guatelli.
Eccovi nel dettaglio la mia esperienza…
Antica Corte Pallavicina: la storia in breve
La Corte Pallavicina, oltre ad avere al suo interno uno dei più interessanti musei del cibo di tutto il territorio parmense, fa anche parte dell’Associazione dei Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli.
L’antica fortificazione a due torri fu fatta costruire nella metà del secolo XIII da Uberto Pallavicino detto il Grande, impavido condottiero, che ottenne l’investitura del territorio di Polesine.
Oltre a difendere l’adiacente porto sul fiume Po, il castello controllava il traffico di merci, tra cui il preziosissimo sale proveniente dalle saline di Salsomaggiore, che si svolgeva lungo il decorso del fiume facendo pagare i cosiddetti dazi.
Da castello con funzioni militari, si trasformò intorno al 1500 anche a causa delle esondazioni del Po che lo avevano reso fatiscente, in nobile residenza.
Venne ampliamente ristrutturato per mano del Marchese Galeazzo Pallavicino, che adattò gli ambienti secondo le sue esigenze e le esigenze della sua amante Bianca.
La piccola corte rinascimentale venne rinominata in onore della donna: “Casino Bianco”.
Sono di quest’epoca le decorazioni rinascimentali del ciclo dello Zodiaco e dell’Olimpo poste a piano terra sul lato sud, come anche i soffitti ad ombrello e i camini affrescati posti in ogni sala.
Alla fine del ‘700, all’estinzione dell’ultimo esponente della famiglia Pallavicino, il castello venne per l’ennesima volta modificato con l’aggiunta di nuove fortificazioni e la sostituzione delle finestre con feritoie.
Le pareti vennero ridipinte con la calce, coprendo i bei dipinti presenti.
Il castello divenne sede della caserma per il corpo dei Dragoni confinari e riacquistò una funzione militare nel contrastare il contrabbando di merci fra le due rive del Po.
Intorno al 1820, il grande Po ancora una volta colpì duramente la struttura che venne abbassata notevolmente per questioni funzionali.
Dopo l’Unità d’Italia i confini svanirono, la fortezza perse la sua funzione originale e il demanio ne decise l’alienazione con la conseguente vendita a privati cittadini dell’intera struttura.
Ed ecco comparire la famiglia Spigaroli che nel 1905, lasciato il podere “Piantador” del maestro Giuseppe Verdi nel quale da lungo tempo lavoravano, arrivarono alla Corte Pallavicina e da mezzadri quali erano ne divennero affittuari.
Con grande entusiasmo, instancabile dedizione e con i saperi acquisiti nell’Azienda Agricola Verdiana, cominciarono a lavorare quella fertile terra che circondava la fortezza.
Ad allevare bestiame, tra cui i maiali protagonisti della nostra storia, a coltivare cocomeri, grano e ortaggi, a seminare pioppi e a mungere mucche.
D’inverno facevano i salumi secondo l’antico metodo tradizionale, venivano fatti stagionare nelle antiche cantine dei Marchesi Pallavicino, anch’essi produttori di questa squisitezza per il proprio fabbisogno.
Il Po però continuava ad avanzare e a deteriorare il castello che, dopo la seconda guerra mondiale, venne acquistato da un ricco possidente terriero, Zemiro Usberti, il quale ne fece un’azienda agricola.
Nel 1990 i fratelli Luciano e Massimo Spigaroli, quest’ultimo rinomato chef, acquistarono il castello anticamente posseduto dagli avi e ormai ridotto a un rudere.
Con grande amore, dedizione e attenzione, riportano la Corte Pallavicina all’antico splendore.
Il lento restauro, della durata di 20 anni, e la sua esecuzione, fatta nel rispetto delle tradizioni, coinvolse tutti gli artigiani ancora padroni degli antichi saperi del posto, usando i mattoni della stessa epoca e il legno di pioppo e di rovere degli stessi terreni in riva al Grande fiume!
Fidatevi del mio giudizio quando vi dico che si respira un’atmosfera tra le più suggestive e oniriche che io abbia mai provato, sembra di essere in un colorato quadro del rinascimento.
Museo del Culatello e del Masalèn:
La visita effettuata nel Museo del Culatello, inaugurato nel 2018 dai fratelli Spigaroli, è uno dei 4 percorsi possibili da compiere per conoscere entrambi i musei facenti parte dei Musei del Cibo, comprensivi di azienda agricola, interni del castello e caseificio.
Prima di inforcare la bicicletta quindi, attraversiamo il sentiero ghiaiato con ai lati un giardino misto di fiori da una parte e di peperoni dall’altra.
Passiamo sotto l’arco di entrata e arriviamo al cortile interno della corte, un meraviglioso Pavone si aggira indisturbato e per nulla turbato dalla nostra presenza.
Ad attenderci per iniziare la visita nell’angolo ad est dell’edificio davanti alla porticina d’accesso alle antiche cucine, troviamo la guida che ci introdurrà, attraverso le lussuose sale affrescate dei Marchesi Pallavicino, nei sotterranei bui e misteriosi dove risiedono i preziosi culatelli.
Dopo aver sceso ripidi gradini in pietra, quasi ad addentrarsi nelle viscere della terra, ecco comparire quello che sin dai tempi antichi era considerato come un vero e proprio tesoro: il culatello.
Personalità del calibro di Giuseppe Verdi, Gabriele D’annunzio, Luca Goldoni, Cesare Zavattini e tanti altri lo consideravano una delle più sublimi e gustose pietanze.
Giuseppe Verdi in alcune lettere scritte agli amici disse:
“i miei migliori compagni di viaggio sono salami, culatelli, spalle cotte e il mio vino”.
E indovinate? A produrre i culatelli, tanto amati da Guseppe Verdi, era proprio un avo dei fratelli Spigaroli, il bisnonno Carlo, norcino di fiducia del Maestro.
Una tradizione che dura da più di 150 anni quella della famiglia Spigaroli, che non poteva certo andare perduta.
Passiamo attraverso vere e proprie gallerie di culatelli sospesi su antichi tralicci a stagionare.
L’odore è intenso e pungente, poche sono le finestre, molte le feritoie che, facendo entrare l’umidità, conferiscono al culatello quella muffa che ne andrà a caratterizzare fortemente il sapore.
Ci viene spiegato che la coscia del maiale, utilizzata per produrre il Re dei salumi, è proveniente da una tipologia di maiale nero, molto simile all’iberico spagnolo.
Inoltre, personaggi del calibro di Re Carlo d’Inghilterra e grandi chef come Bottura della Francescana sono all’interno di una lista di attesa di nove anni per aggiudicarsi questi tesori stagionati fino a 30 mesi.
Guide del settore lo dicono e le prove sul campo lo confermano: il Culatello di Zibello DOP dell’Antica Corte Pallavicina è il migliore fra i tanti che potrete mai assaggiare.
Proseguendo nella visita, arriviamo ad un altro stanzone, quello della stagionatura del Parmigiano Reggiano fatto con il latte di diverse tipologie di vacche tra cui la Rossa, la Bianca e la Bruna.
Risaliti in superficie, ci dirigiamo all’ interno del piccolo Museo del Masalèn (norcino), colui che allevava, nutriva e poneva fine alla vita dei maiali ricavandone svariati salumi.
Il museo si trova a lato dell’Hosteria del Maiale, il percorso si effettua attraverso 3 stanze nelle quali sono presenti pannelli riportanti la storia del maiale nero parmense.
I Pannelli raccontano della Bassa Parmense come zona di grande fascino, disegnata dall’acqua, dai pioppeti e dai numerosi appoderamenti rurali.
Non manca la parte divertente legata alla favola dei tre Porcellini e ai personaggi animati come Peppa Pig, e tanti altri, che trattano in una chiave fantasiosa e leggera questo simpatico animale, la cui sorte è strettamente legata a quella dell’uomo.
L’ultima stanza simula l’ambientazione di una cucina contadina con l’oggettistica tipica della vita di tutti i giorni e dell’attività svolta dal norcino.
La mostra continua nel percorso all’esterno, in un’estensione open air chiamata PO FOREST.
Un bellissimo percorso all’aperto di 1,5 km, diviso in 12 tappe alla scoperta del bosco, della vegetazione di golena del Po e dell’allevamento allo stato brado di maiali neri.
Per maggiori info consulta la pagina dedicata al percorso
Biciclettata lungo il Grande fiume
Dopo aver deliziato gli occhi, un po’ di movimento è proprio quello che ci vuole prima della degustazione che chiuderà in bellezza la giornata.
Pronti, partenza, via…
Il percorso su pista ciclabile sarà della durata di un’ora circa, perché purtroppo siamo a rischio pioggia, quindi ci dirigiamo verso il ponte di Ongina.
Lungo la strada, la prima fermata riguarda l’avvistamento della colonna idrometrica con funzione di controllo del livello dell’acqua.
La colonna, a pochi km dalla Corte Pallavicina, porta le incisioni a testimonianza delle piene più grandi avvenute nel 1994 e nel 2015, essendo l’esondazione un fenomeno non raro da queste parti.
Superato il torrente Ongina e la località di Villafranca, ci avvertono che siamo già in suolo piacentino.
Pedaliamo lungo una stretta strada sterrata con ai lati la folta e selvaggia vegetazione, ci fermiamo dopo poco all’altezza del Lancone, un ramo morto del Po che una volta scorreva in questo punto.
Poi spostandosi ha lasciato una lanca (meandro morto), le cui acque stagnanti sono frequentate da diverse specie di uccelli tra i quali gli aironi.
Stiamo entrando nel Parco dell’Isola di Giarola, la Giarola è una vecchia cava alla quale hanno tolto la sabbia (l’oro del Po) e, come spesso accade, questa buca riempiendosi di acqua è diventata un lago.
Col tempo ha poi acquisito un certo grado di naturalità con anche l’aggiunta di alberi, di flora e di fauna che la abitano.
Non potendo addentrarci nella fitta foresta, arriviamo al lungo Po, lo percorriamo per circa un km per poi tornare sui nostri passi verso la Corte.
Rimango comunque sempre affascinata dalle piccole abitazioni in legno sull’argine, Cascine probabilmente di proprietà del demanio.
Particolare da evidenziare, l’Oratorio di Santa Franca, presente nella località di Villafranca.
Tutti gli anni nel giorno di Santa Lucia, organizza una processione in preghiera al Grande fiume Po con la speranza che rimanga tranquillo e non esondi.
Così anche un altro edificio in prossimità della Corte Pallavicina, il piccolo Santuario della Madonna di Loreto anche detto chiesa della Madonnina del Po, è una chiesa cattolica dalle forme graziosissime Neoclassiche e Neogotiche, in fase di restauro conservativo.
Hosteria del Maiale – Antica Corte Pallavicina
La Corte dispone di due ristoranti e di un’Agribottega che vende i prodotti dell’azienda agricola Spigaroli. All’ interno al primo piano, proprio sopra le sale dei Marchesi Pallavicino visitate precedentemente, anche un Relais con lussuose e confortevoli camere nelle quali sognare ad occhi aperti.
La cucina di entrambi i ristoranti gestiti dallo chef Massimo Spigaroli, è raffinata e ricercata, esclusiva e ricca di colori, elaborata quel tanto che basta per esaltare le materie prime prodotte nell’azienda agricola di famiglia.
La Stella della Guida Michelin certifica la qualità delle proposte e del servizio.
Appena si varca la soglia dell’Hosteria del Maiale, il primo dei due ristoranti lato parcheggio, si è avvolti da una calda e confortevole luce dalle tonalità aranciate e si ha subito la sensazione di essere in un contesto sicuramente elegante, ma anche agreste, da vecchia bottega o salumificio.
Il lavoro svolto dai Fratelli Spigaroli, la professionalità del personale preparato e competente sul cibo proposto, sono tangibili.
Se si parla di Km 0 questo ne è sicuramente un ottimo esempio.
L’azienda è strutturata in modo tale da produrre tutto ciò che serve per cucinare e vendere i prodotti che la fertile terra del Polesine è in grado di donare.
Il ristorante dispone di ampi spazi e di un bancone a vista, dove diversi chef all’opera producono squisitezze.
Enormi vasi di frutta sciroppata e caramellata, verdure sott’olio e sott’aceto, posizionati in bella mostra in angoli dedicati, allietano la vista e accendono i sensi.
Ci sediamo abbastanza distanti gli uni dagli altri (nel rispetto delle regolamentazioni Covid) su di un lungo tavolo sulla veranda fronte vetrata, fuori piove…
A scaldarci, a breve, arriveranno gli assaggi di salumi, la focaccia calda fatta in casa e la giardiniera.
Il tutto annaffiato da vino rosso e spumoso chiaramente prodotto dalla famiglia, “il Fortana del Taro”.
Questo delizioso vino di “Uvaggi Rossi” che ci servono all’interno di tazze, e che va bevuto rigorosamente con il pollice all’ interno della tazza stessa come da antica usanza, oltre ad essere il vino preferito dal maestro Giuseppe Verdi, è anche utilizzato per fare macerare il culatello nei giorni precedenti la stagionatura.
Tra le altre cose, il sapore dolce e fruttato si sposa molto bene con quello intenso dei salumi che ci servono in un’ordinata e precisa sequenza di assaggio.
Da sinistra in sequenza: culatello stagionato 24 mesi, spalla di San Secondo, lardo dei maiali neri, strolghino (il nome deriva dal dialetto “strolgare” cioè inventare, ma è anche detto “l’astrologo”, cioè colui che decreterà la felice riuscita del insaccato, di appena 30 giorni), finendo poi con il salame di maiale nero, stagionato 4 mesi.
Degustazione veramente ottima! Certo il culatello, come dicevano gli anziani manovali, ha un sapore che non è da tutti, ma sicuramente sarà gradito da chi ama sapori intensi e particolari.
Che dire dopo aver visto passare dietro di me un bel piatto di anolini in brodo(rivisitazione parmense del nostro cappelletto), sono sempre più sicura che in questo magico luogo dovrò tornare almeno a cena!
Il nostro Tour nella terra del Re dei salumi termina qui.
Torneremo sicuramente a visitare Bussetto e le altre attrazioni circostanti, e soprattutto a ritrovare lui, il grande fiume Po.
Musei del cibo – Info utili:
Dal 1 al 6 gennaio e dal 1 febbraio al 30 dicembre il museo è aperto dal martedì alla domenica: dalle ore 10.00 alle 18.00 (ultimo ingresso ore 17.30)
Lunedì non festivi chiuso.
Nota: il museo potrebbe essere chiuso in occasione di eventi, si prega di verificare telefonicamente.
Chiuso dal 7 al 31 gennaio.
Intero: € 7,00 comprensivo di audio guida in italiano, inglese o francese.
Ridotto: € 5,00 gruppi (minimo 10 persone), adulti oltre i 65 anni, convenzioni.
Ridotto scuole: € 3,00 classi e studenti dai 6 ai 18 anni; Università di Parma con tessera.
Gratuito: diversamente abili e loro accompagnatori, accompagnatori di gruppi e scolaresche, giornalisti, minori di 6 anni.
Castello: € 3,00 oltre al biglietto d’ingresso al Museo.
Assaggio di Culatello e salumi della Bassa: € 5,00 a persona.
Visita guidata per gruppi: € 20,00 oltre al biglietto d’ingresso (da 11 a 25 persone). Obbligatoria la prenotazione.
Se vi è piaciuto l’articolo scrivetemi un commento, e se volete visitare un luogo veramente speciale quasi fuori dal tempo, l’Antica Corte Pallavicina è il posto che fa per voi!