Vini emiliani: metodi ancestrali e vita contadina in Emilia
Ciao a tutti amici! È con grande piacere che voglio in questo articolo dedicato alle metodologie di fabbricazione e imbottigliamento dei vini emiliani delle località reggiane, presentarvi questo fantastico e arzillo contadino, proprietario insieme ai fratelli, dell’Azienda agricola Fratelli Gabrini in provincia di Reggio Emilia.
Grazie alla nipote Adele, sono riuscita a intervistare Onorino Gabrini di anni 85, che insieme ai due fratelli entrambi più giovani Germano e Adelio Gabrini, ha passato la sua vita facendo il contadino e il viticultore e da bambino ha vissuto insieme al padre pastore, la transumanza, se non sapete di cosa si tratta ne parleremo più avanti nello specifico.
Quello che ci racconterà Onorino in questa intervista, rappresenta un tuffo nel passato e nelle tradizioni ricche di metodologie ancestrali, lente ma allo stesso tempo faticose, che da sempre caratterizzano la vita delle comunità rurali numerose della nostra regione.
Ad oggi tali metodologie sono mutate acquisendo strumenti moderni, ma speriamo non scompaiano mai.
Siete pronti per questo viaggio nel tempo? La prima domanda di rito è…
Onorino dove è nato e da quanto fa il viticultore?
Sono nato a Villa Minozzo, per la precisione a Carù nel 1936, qui c’era la vigna, le viti provenivano dalla Toscana tramite mio nonno che lavorava nei vigneti all’Isola d’Elba come stagionale, e portava qui da noi la Talea (il tralcio di vite da potatura), che ripiantavamo per fare crescere la pianta di vite intera.
Ho cominciato a lavorare a 8 anni aiutando mio padre nella vigna, lo aiutavo a dare l’acqua alle viti davamo il verde rame a spalla, poi lo aiutavo nei campi con le pecore e con le mucche.
Nel 1962 siamo andati via da Villa Minozzo e ci siamo stabiliti a Baiso, anche qui c’erano le viti e facevamo il vino, ma era un vinetto solo a uso familiare.
Siamo scesi ancora fino ad arrivare a Viano, avevamo l’azienda agricola che abbiamo dato in affitto, abbiamo sempre prodotto il vino, e soprattutto adesso che siamo qui a Sabbione diamo l’uva alla cantina sociale di Puianello che produce una grande varietà di vini tra cui il Lambrusco e la Spergola.
So che lei ha fatto la transumanza, mi vuole raccontare qualcosa?
Mio Padre era un pastore e io per 10 anni l’ho seguito, d’estate veniva su in montagna a Carù con le pecore, e d’inverno tornava giù in pianura.
Di notte ci fermavamo a dormire da qualche suo conoscente che ci dava anche da mangiare, a volte ci fermavamo anche giornate intere, c’era una grande amicizia ma anche uno scambio commerciale tra le persone.
Da Carù a Reggio ci mettevamo 4/5 giorni, ci ospitavano molte famiglie, anche dei medici e dei professori, una volta c’era più solidarietà.
Che altro lavoro le sarebbe piaciuto fare?
Bè sicuramente non avrei fatto l’operaio, sono sempre stato bene a fare il formaggio, a fare il contadino, il pastore, avevamo anche le mucche, ho fatto un po’ di tutto mi sono arrangiato nella vita, ma sotto padrone non volevo andare.
Fate coltivazione biologica?
No noi facciamo coltivazione integrata, una volta si faceva la convenzionale, adesso con l’integrata è meglio perché non si da più glicosate o diserbanti che rovinano l’ambiente, abbiamo un aratro meccanico che va a pulire il piede della vite dalle erbacce, che in questo modo non rubano più acqua e nutrimento alla vite.
E’ più faticoso ma non inquina nè noi, nè l’ambiente, e poi le mie api stanno bene e questo è segno che l’ambiente circostante è sano.
Come era la vendemmia di una volta?
La vendemmia di un tempo era un lavoro a cui partecipavano molte persone e che si trasformava in una festa, perché si chiacchierava, si scherzava, ci si scambiavano le informazioni e le notizie.
Come è la vendemmia di oggi?
La vendemmia per noi oggi è il momento in cui raccogliamo i frutti di un anno intero di lavoro.
Siamo anche molto in tensione, è il momento in cui ci giochiamo tutto e sappiamo se per noi l’anno è andato bene o male.
Che differenze ci sono tra il processo di vinificazione di un tempo e quello moderno?
La vinificazione di un tempo era naturale, lenta e riguardava sempre piccoli quantitativi di uva.
Si vendemmiava a mano, si pigiava coi piedi, i mastelli ed i tini erano di legno, la fermentazione era spontanea.
Abbiamo dei tini bellissimi ancora, abbiamo il torchio che finiva di spremere le vinacce, quello che era rimasto dalla prima spremitura, visto che una volta non si buttava via niente.
Il vino torchiato era un vino di serie b che solitamente bevevamo d’inverno.
Certo che se l’uva era buona, la stagione favorevole, i tini di legno puliti bene, tutto andava bene e si beveva un buon vino.
Se una sola di queste cose andava storta si beveva un vino cattivo e si portava pazienza!
Non c’era la produzione industriale, il vino lo facevamo e lo imbottigliavamo in casa.
Il metodo moderno che si usa adesso, per le grandi quantità di vino controlla le temperature e dunque anche i tempi della fermentazione, seleziona ed arricchisce i lieviti, usa l’acciaio al posto del legno che è molto più igienico.
Consente di tenere un livello di qualità elevato e costante e di lavorare grandi quantitativi di uve.
La vendemmia può essere fatta a mano o meccanicamente, qual è la migliore?
Non ci sono dubbi sul fatto che la vendemmia a mano sia la migliore.
La vendemmia a mano non rompe gli acini che così non si ossidano, ma è molto lenta e molto costosa, richiede la manovalanza di tante persone, un manovale costa 10 euro l’ora.
Una volta in Azienda da noi lavoravano 70 persone e prendevano giù circa 80 quintali di uva al giorno.
Adesso con la vendemmia a macchina ci siamo in 4 e ci mettiamo quasi la metà del tempo.
Per fare un prodotto di qualità partendo dalla vendemmia meccanica bisogna rispettare alcune regole:
La più importante è che il prodotto deve arrivare in cantina nel giro di un ora per impedire che il vino fermenti e che possa poi avere sapori e odori poco buoni, poi bisogna anche raccogliere l’uva quando è il momento giusto, ne troppo acerba ne troppo matura.
Anche i tipi di uva vendemmiati hanno la sua importanza, per esempio la Spergola è un’uva bianca molto “ permalosa” ; se viene vendemmiata meccanicamente rischia di ossidarsi e di perdere alcune delle sue caratteristiche.
Il lambrusco è un uva rossa che è difficile che si ossidi, e sopporta benissimo la vendemmia meccanica, ma bisogna essere anche qui svelti a portarla in cantina.
Con la vendemmia meccanica il prezzo del prodotto finale è più basso e lo possono comprare tutti.
Se volete sapere informazioni dettagliate sulla Spergola vi consiglio il mio articolo.
Ci sono diverse tipologie di lambrusco, cosa ci può dire al riguardo?
Mentre la tradizione modenese del lambrusco lavora con un solo tipo di uva, in purezza, noi reggiani facciamo gli uvaggi cioè mescoliamo un po’ di tipi di uve diverse.
Non ci sono tipologie di lambrusco migliori o peggiori, ciascuna ha le sue caratteristiche e dipende da quello che l’enologo vuole fare.
Noi produciamo lambrusco Salamino che dà un vino fresco e profumato, qui nelle nostre zone l’uva è al 50% Salamino e 20% Ancelotta che è eccezionale per il colore.
Poi c’ è il Lambrusco Montericco che è fresco, armonico e chiaro, Il Marani che rende tanto ed è leggero, il Maestri è un vino corposo, è un vino della bassa reggiana.
C’è anche il lambrusco Corbelli un clone di provenienza proprio delle zone della vasca Corbelli di Reggio Emilia, può essere fatto in purezza o tagliato con altri uvaggi, poi abbiamo il Grasparossa scuro che sa di frutti di bosco.
Nelle etichette dei vini leggiamo la dicitura “ può contenere solfiti”, cosa significa?
I solfiti servono a stabilizzare il vino e fare in modo che si possa vendere, possiamo dire che sono i conservanti del vino.
Certo che è importante che questi processi siano fatti da un enologo esperto che sa come fare le dosi giuste.
Assolutamente da evitare un vino con l’aggiunta di solfiti fatta da un contadino nella sua cantina.
Si sta studiando per produrre vini senza l’aggiunta di solfiti, sono le “frontiere moderne dell’enologia”,
Si tratta dei cosiddetti vini biodinamici, ma non si è ancora raggiunta la giusta qualità, da quello che ne so.
Come e quando si imbottiglia il vino?
Be si è sempre imbottigliato nei mesi da Gennaio a Marzo, perché così il vino finiva la fermentazione iniziata nelle botti d’acciaio o di legno, e con lo sbalzo termico della primavera, da freddo a caldo acquisiva il frizzantino tipico e la bella schiuma del lambrusco.
C’era anche chi diceva che se imbottigliavi con le luna giusta il vino veniva più buono, era una cosa legata alla saggezza popolare ma spesso ci prendevano, la luna molti le seguono ancora oggi, e c’è anche un calendario per guardarla.
Si diceva: con la luna crescente si doveva imbottigliare il vino frizzante, con la luna calante i vini più invecchiati e dolci, e con la luna piena si potevano imbottigliare tutti i tipi di vini.
ECCO LE LUNE FAVOREVOLI PER IL 2021
28 Gennaio – 11 Febbraio
27 Febbraio – 13 Marzo
27 Marzo – 12 Aprile
24 Aprile – 11 Maggio
Si deve sceglie un giorno con la luna a favore e senza vento.
Entra in campo il fratello di Onorino, Germano che mi mostra i due attrezzi per riempire e chiudere la bottiglia di lambrusco.
Vede mi dice Germano, io uso la vaschetta che raccoglie il vino tramite il tubo dalla damigiana, poi quando il vino è a livello tramite i due tubicini di acciaio riempio le bottiglie, ne metto una per tubicino.
I tubi sono piegati in modo che le bottiglie si riempiano a livello e il vino non vada disopra, ci deve rimanere tra la testa della bottiglia e il livello del vino, lo spazio di un tappo di sugaro, come si usava soprattutto una volta.
Per pigiare il tappo di sugaro usavamo un’attrezzo che abbiamo comprato nel 1954 pensi…l’attrezzo è fatto come un tirabuson (apribottiglie) al contrario, che anziché estrarre spinge dentro.
La parola passa ad Onorino che mi mostra come fissavano il tappo una volta.
Quando il vino fermentava in bottiglia, si creava una certa pressione, questa pressione poteva vincere sul tappo e farlo saltare.
Per questo nella moderna enologia i tappi delle bottiglie di lambrusco sono assicurati con le gabbiette metalliche.
Una volta come si faceva?
Un tempo il tappo veniva fissato legandolo con lo spago circa 60 cm doppiato, facevamo l’asola e poi passavamo con un nodo la corda attorno al collo e sopra il tappo.
Usavamo questo metodo anche per chiudere le bottiglie della conserva di pomodoro.
Adesso usiamo i tappi a corona che sono più facili da mettere e costano meno.
Le bottiglie andavano tenute in una cantina al buio e lontano dagli sbalzi di temperatura.
Quando era pronto per essere bevuto?
Con l’arrivo del caldo….a maggio il vino inizia a spumare ed è pronto.
Quindi Cin Cin, sperando che questa intervista vi sia piaciuta, se volete vedere il video del procedimento di riempitura e tappatura delle bottiglie seguitemi su facebook.
Gli anziani hanno in sé i saperi antichi che a me piace tanto ascoltare e condividere, la pensate come me?
Scrivetelo nei commenti, vi leggo sempre volentieri.
8 commenti
Adele G.
Molto interessante. Sapere da dove veniamo ci aiuta a comprendere meglio chi siamo e a non disperderci nel mare della globalizzazione.
Giovanna
Grazie Adele sono daccordo con te, il passato è fondamentale per comprendere il presente!
Carlos Oliva
Buon articolo, molto piacevole da leggere.
Potresti aprofittare della conoscenza di questi antichi mestieri per inserire nell’artícolo qualche parola dialettale che legata a queste vecchie usanze rischia di scomparire per sempre.
Aspettiamo un tuo articolo sulle origini, sviluppo e “decadenza” del dialetto reggiano.
Buona ricerca.
Giovanna
Grazie come sempre carissimo amico mio cercherò di studiare per scrivere l’articolo da te richiesto!
Stefano
Un bellissimo racconto di vita.
Giovanna
Grazie Stefano si certe persone non esistono più
paola
Questi racconti sono molto importanti, andrebbero tramandati di padre in figlio, per non rischiare di perdere il valore delle tradizioni.
Giovanna
Non posso che essere pienamente d’accordo con te Paola!